Troppo vecchio, non può correre

Sergio Raccanello, 76 anni, è vittima di un’ingiustizia: i regolamenti gli danno ragione

«Sono in regola con il certificato di idoneità medico-sportiva, percorro circa 15 mila chilometri l’anno di allenamento, vogliono a tutti i costi tirarmi giù dalla bicicletta solo perché ho 76 anni».

Sergio Raccanello, cicloamatore del Veloce Club Padova tesserato Uisp, con alle spalle una carriera da dilettante con la maglia della Coin Mestre che lo ha portato a gareggiare assieme a Dino Zandegù, sta creando un caso nel ciclismo amatoriale padovano perché non lo vogliono far partire alle gare targate Acsi.

Raccanello vive di bicicletta da 60 anni, ha un fisico da cinquantenne e non intendere scendere di sella solo per quello che ritiene un cavillo burocratico. L’Acsi, infatti, pone come limite di età per chi partecipa alle gare i 75 anni. Regola che non vale ad esempio per la Fci e per altri enti come l’Uisp a cui Raccanello è affiliato, che non pongono limiti anagrafici.

Il cicloamatore padovano si fa forte della norma della consulta che obbliga gli organizzatori di gare ciclistiche ad accettare i tesserati di tutti gli enti. Non solo. A seguito di una richiesta fatta dalla sua società al presidente nazionale dell’Acsi Emiliano Borgna, ha avuto come risposta che se è in regola con il tesseramento Uisp lo devono far correre.

«Mi sono presentato con la lettera del presidente nazionale a una gara Acsi, ma non mi hanno fatto partire», sbotta l’anziano cicloamatore. «I presidenti provinciali hanno fatto fronte comune e così in tutto il Veneto non posso più correre. Mi sembra una grossa ingiustizia, una cattiveria. Se le gare sono aperte a tutti gli enti non vedo perché mi debbano escludere».

Giuseppe Andreose, responsabile per Padova dell’Acsi, dà una sua versione del problema.

«Non siamo noi, sono le società organizzatrici che non lo fanno partire», spiega Andreose. «Se chi organizza ci dà il benestare per noi non ci sono problemi. Ritengo, aldilà di tutto, però rischioso far gareggiare una persona di 76 anni».

Sulla vicenda interviene il presidente del Veloce Club Padova, la società di appartenenza di Sergio Raccanello. «Si tratta di un caso di mobbing sportivo», taglia corto l’avvocato Arturo Menin. «In altre discipline la gente gareggia fino a che ottiene l’idoneità medico-sportiva. Il ciclismo amatoriale è governato, purtroppo, da dirigenti di un’altra epoca che non vogliono rendersi conto che l’età media si è allungata e che ci sono corridori, come Raccanello, che fisicamente stanno bene e che hanno nella bicicletta l’unico scopo di vita. È inutile che dicano che la commissione tecnica ha valutato che non è il caso di ammettere ciclisti oltre i 75 anni. Se chi organizza ha l’obbligo di aprire la manifestazione a tutti gli enti è evidente che deve accettare anche tutti coloro che sono affiliati a questi enti».

Il caso Raccanello presto sarà sul tavolo del presidente nazionale del Coni, Giovanni Malagò. «Presenteremo un ricorso particolareggiato per mobbing sportivo», aggiunge Menin. «Riteniamo che nei confronti del cicloamatore che viene privato di una sua grande passione, ci sia solo tanta cattiveria».